Parole nel Pallone: intervista a Cristiano Armati sul calcio popolare

Intervista di Roberto Consiglio per Oltremedianews.it

Da giovedì 4 a sabato 6 febbraio 2016, si svolgerà a Bologna l’iniziativa sul mondo del calcio popolare “Parole nel Pallone. L’evento, organizzato dal Laboratorio Crash, dal Cua ( Collettivo Universitario Autonomo) e dalla casa editrice “Red Star Press,  punta a mostrare il forte rapporto che si è creato, nel corso degli ultimi anni, tra la letteratura e il tema del calcio. Questo connubio, come si legge sulla pagina ufficiale dell’evento, “ha permesso di parlare di tutto ciò che vive fuori dai bordi del campo (politica, arte, cultura) attraverso una sfera rotonda che girando descrive e racconta varie sfaccettature della società”. Insomma il pallone è stata un’ottima base, per molti scrittori contemporanei, per descrivere il mondo contemporaneo. Nella tre giorni di “Parole del Pallone”  oltre a varie iniziative musicali, come il concerto degli Statuto in programma la sera di sabato 6 febbraio, si avrà la possibilità di conoscere e ascoltare alcune importanti personalità culturali, ad esempio Wu Ming 5 e Cristiano Armati, cosa rappresenta oggigiorno il cosiddetto “calcio popolare“. Inoltre verrà messa al centro del dibattito la figura di Valerio Marchi, uno dei massimi esponenti sul mondo ultras e sulla sottocultura giovanile, morto nel 2006 a soli 51 anni. Alcuni giorni fa ho avuto il piacere di fare una intervista a Cristiano Armati su questa importante iniziativa che sta per iniziare nel capoluogo bolognese.

1) Da dove nasce l’iniziativa ” Parole nel Pallone“? In che cosa consisterà tale evento?

Grazie alla presenza e alle lotte di realtà come il Laboratorio Crash e il Collettivo Universitario Autonomo, Bologna è una delle città particolarmente effervescente. Tra le due torri, tutti i giorni, ci si chiede concretamente come innescare un processo in grado di affermare un cambiamento radicale, quello che dovrebbe portare ad affermare, in quanto “diritto”, tutto ciò che non può essere né venduto né comprato. Stiamo parlando di casa, istruzione, salute, lavoro, reddito, tutela del territorio e dei beni comuni: il cuore di un percorso in cui la cultura gioca un ruolo fondamentale. In modo particolare, anche attraverso l’offerta culturale, si cerca di affermare valori importanti come l’aggregazione e l’autorganizzazione, due ambiti che trovano nello sport campi di applicazione decisivi. La casa editrice Red Star Press, da questo punto di vista, ha prima mandato in libreria un nuovo marchio editoriale, Hellnation Libri, poi ha aperto un portale, Sportpopolare.it. concentrato proprio su questi ambiti di riflessione. Il dialogo costante con il Crash e il Cua, a questo punto, ha fatto il resto: si poteva, infatti, trascurare di parlare di calcio, vale a dire del gioco popolare per eccellenza? La risposta, ovviamente, è no ed è così che è nata la voglia di organizzare un festival come “Parole nel Pallone”. Il filo conduttore dell’evento sarà quello offerto dal legame tra calcio e letteratura, ma questo è soltanto un “canovaccio”. La parola d’ordine di “Parole nel Pallone”, infatti, è che chi sa solo di calcio non sa nulla di calcio. E la storia degli ospiti di questa edizione numero uno lo conferma: da Gianni Mura a Gianluca Morozzi, da Darwin Pastorin a Wu Ming 5, da Paolo Sollier a Cass Pennant per non parlare della musica degli Statuto; ognuno darà il suo contributo al racconto della più grande delle emozioni, quella che ogni bambino prova quando prende a calci una palla per strada. Come è stato detto, è così che tutte le volte ricomincia la storia del calcio. Ed è evidente, quindi, che si tratta di una storia collettiva, che nasce dal basso e che riguarda tutti e tutte…..esattamente il contrario di tanto calcio che ci viene imposto oggi: patinato, appiattito sul mondo degli affari, spesso corrotto e rappresentato da personaggi improponibili. Possiamo dire che quello moderno è il calcio dell’1%, il giocattolo dei ricchi rispetto al quale “Parole nel Pallone” si schiera decisamente dall’altra parte della barricata, insieme a quel 99% che, siamo sicuri, non ha nessuna intenzione di vedere la propria voce espulsa dalla storia“.

2) Lei ha avuto modo di conoscere Valerio Marchi, un ricordo? Che persona era? Cosa la colpiva di più di Valerio?

“Per me Valerio era ed è la “Liberia Internazionale di San Lorenzo”, vedevo lui e quel piccolo locale in via dei Volsci come se fossero un’unica cosa. Tant’è che una volta in cui lo beccai al bar Marani, vicino al negozio, rimasi stupito: “Cosa stai facendo qui?”, chiesi scherzando, :” Chi c’è di là a darmi i libri?”. All’epoca stavo raccogliendo materiale per un’inchiesta sulla violenza compiuta dai rappresentanti delle forze dell’ordine ai danni dei loro familiari…..parlai a lungo con lui dell’argomento. La libreria Internazionale, ripeto, era un piccolo locale…..eppure l’intera biografia su un simile argomento la trovai lì. Un altro ricordo risale ai tempi in cui Valerio lavorava a “Il derby del bambino morto”, che sarebbe uscito con DeriveApprodi. Io collaboravo con la Coniglio editore, che divideva con Derive l’ufficio in piazza Margherita, quindi tra un contratto da firmare e una bozza da correggere, incontrai Valerio molte volte, ricevendo il privilegio di ascoltare quello che poi sarebbe stato il libro direttamente dalla sua voce.

Che persona era Valerio? Intanto una persona che, rispetto a qualunque riflessione, si metteva a livello della strada, nel senso che evidentemente costruiva la sua riflessione orizzontalmente. I primi tempi in cui frequentavo la libreria internazionale ero solo uno studente di liceo, ma lui ascoltava le mie domande e i miei ragionamenti con un’attenzione difficile da trovare, non dico in una libreria, ma ovunque.

Cosa mi colpiva di un simile atteggiamento? Prima di tutto la possibilità di avere un interlocutore, merce molto rara. Poi è accaduto che Valerio se ne sia andato decisamente troppo presto…..e la sua mancanza, nella mia memoria, è diventata oggi il primo tassello della frana che, sulla via della gentrificazione subita, ha stravolto il quartiere San Lorenzo”.

3) Un suo commento sull’ultimo scandalo che ha travolto il mondo del calcio, denominato “Operazione Fuorigioco“?

Sui padroni del pallone e sui loro intrallazzi non ho nulla da dire. Anche scandalizzarsi, infatti, fa parte dell’ipocrisia in cui siamo immersi: il malaffare, nel calcio come nella politica, non è un incidente di percorso, ma la pietra angolare del sistema. Lamentarsi non serve, è più utile combattere“.

4) Cosa intende lei per “calcio popolare“? Ci può fare qualche esempio concreto e attuale? 

Rispondo con una frase, tratta da “Il Manifesto”, scritto per Sportpopolare.it: Lo sport popolare, nella sua doppia accezione di pratica impostata al di fuori delle logiche del profitto e di fenomeno partecipato dagli strati popolari, e quindi dalla massa, guarda all’avvento di un nuovo umanesimo protendendosi, senza tregua, verso la rottura delle gabbie metropolitane e degli schermi televisivi tanto cari agli alfieri dell’ordine e della legalità”. Gli esempi, da questo punto di vista, sono innumerevoli: sarebbe impossibile farne solo qualcuno senza cadere nella più totale parzialità; ognuno, invece, può gettare un occhio alla strada per vedere quanto forte e diffusa sia questa realtà“.

5) Qual’è, secondo lei, il miglior libro sul mondo del pallone che ognuno di noi dovrebbe leggere almeno una volta nella vita?

Se dobbiamo parlare di letteratura non scelgo un libro, ma una canzone, “Il portiere” dei Diaframma,  che per me è la cosa di gran lunga più bella mai scritta sul mondo del pallone. Nei momenti più difficili, quando l’aria “spesseggia”, e cose difficili da affrontare si stagliano all’orizzonte, cupe come mostri, ripeto a me stesso le parole di Federico Fiumani: “Ci vuole coraggio nel gioco del calci, non basta il mestiere/ (…) perchè non è da tutti andare incontro al lampo/ di un bolide lanciato sui duecento orari e farsi trovare (…). Ci vuole coraggio nel mondo del calcio, non basta il mestiere/ gettarsi sui piedi degli avversari e non farli passare”.

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