Premio di laurea “Francesco Lorusso” – prima edizione

PREMIO DI LAUREA FRANCESCO LORUSSO, I edizione – Presentazione del progetto, elezione dei vincitori e dibattito collettivo a partire dai lavori pervenuti.

Il Premio di Laurea Francesco Lorusso è un progetto promosso e organizzato dalla casa editrice Red Star Press e dal Collettivo Universitario Autonomo Bologna per onorare la memoria di Francesco Lorusso, studente e militante di Lotta Continua assassinato dalla polizia impegnata a reprimere un’azione antifascista a Bologna, l’11 marzo del 1977. Con questa prima edizione – cui hanno partecipato studenti e studentesse di varie Università italiane – abbiamo raccolto tesi di laurea triennale discusse tra il 3 luglio 2011 e il 27 novembre 2016 in differenti discipline. Il prossimo 9 novembre, dalle 17 in aula Grande a San Giovanni in Monte (dipartimento di Storia, Unibo), oltre ad eleggere gli elaborati vincitori (che verranno pubblicati per i tipi della Red Star Press e presentate l’11 marzo 2018) coglieremo l’occasione per discutere collettivamente le 23 tesi partecipanti a partire dai resoconti redatti in merito dal comitato scientifico (alcuni dei cui membri saranno presenti). Cospicuo è stato infatti il numero di coloro che si sono espressi: docenti, operai in lotta, ricercatori, scrittori, attori, artisti, militanti politici, editori, esperti e cultori delle varie materie. Dalla storia della conflittualità sociale alle delle lotte di liberazione dei popoli oppressi e contro le istituzioni patriarcali, passando per la cultura della Resistenza e del movimento operaio, sguardi geopolitici, letterari, storici e filosofici si sono accumulati nel variegato puzzle che ha dato vita a questa prima edizione del Premio.
Invitiamo perciò chiunque interessato a partecipare alla discussione collettiva, certi che molte saranno le future occasioni per sottrarre all’oblio i lavori di ricerca degli studenti e riconsegnarli alla società, ai giovani, alle lotte sociali, a chi abita l’Università e vuole cambiarla.

Contro la meritocrazia, per l’auto-valorizzazione: perché il Premio di Laurea Francesco Lorusso?

Come affrontare, quindi rompere sovversivamente, la fissazione dei saperi nella rete di senso capitalista, l’utilizzo, da parte nemica, dei quanti di conoscenza partigiana che nelle università si producono ma spesso, loro malgrado, finiscono o neutralizzati nelle celle insonorizzate dell’edificio del potere, o recuperati alla produzione e riproduzione (in senso soprattutto autodifensivo) di discorso conservatore, contro-rivoluzionario? Come impedire la valorizzazione capitalista, come tirar su gli argini, le barricate, dell’auto-valorizzazione onde chiamare le cose col proprio nome e dare corpo e spazio a ricerche e riflessioni critiche a proposito di una struttura sistemica fondata sullo sfruttamento di ogni capacità, attributo e creazione umana o naturale? Non si tratta di raccogliere una serie di studi, recuperare in cartoleria una grande etichetta, disporla accuratamente e scriverci sopra “contro-saperi”, ma aprire alla possibilità di mettere propriamente in discussione, a dibattito, un lavoro che, costruito in forza di un meccanismo accademico (pure negletto), conserva potenzialmente in nuce un valore altro, un valore di segno +, da raccogliere nell’insieme delle finestre che si aprono, dal basso a sinistra, sul mondo contemporaneo e sulla sua critica.
L’università post-Gelmini, la ristrutturazione in corso che corre, l’impellenza di non restare schiacciati dalla produzione di discorso liberista, dagli slanci che le accademie compiono in avanti onde estirpare da sé quanto di potenzialmente differente detengono (come ambivalenza di fondo nella funzione politica che svolgono), ci hanno spinto ad aprire il Premio di Laurea Francesco Lorusso: per quanto, preso per sé, insufficiente, è importante avere e costruirsi più occasioni possibili per mettere in discussione il soliloquio meritocratico e lavorista che ovunque vibra nelle università. In questi anni abbiamo visto seriamente colpita la libertà d’espressione degli studenti e delle studentesse non disposti ad accettare il divenire azienda delle accademie, il chiudersi degli spazi di critica a vantaggio delle relazioni commerciali mondiali intrattenute dai dipartimenti di punta, più immediatamente a contatto con la sfera dello sviluppo tecnologico e finanziario. Studenti sospesi senza processo, sottratti alla possibilità di dare esami, professori denunciati perché si sono permessi di accettare il colloquio orale con alcuni di loro, polizia chiamata per risolvere ogni questione, a distruggere una volta di più, qualora ce ne fosse bisogno, l’immagine idilliaca dell’Università divulgata a reti unificate.

Come lo abbiamo immaginato?

Cosa resta delle lotte, delle rivoluzioni passate? E come si propagano, oggi, le piccole o grandi insorgenze contemporanee che si sviluppano da una parte all’altra del mondo? Cosa scaturisce da questa continuità spaziale e temporale, dalla loro forza e capacità di imprimersi come immaginario comune, come orizzonte culturale in diffusione, di fissare nodi secondo un’altra rete di senso, speculare e ostile al mantra del progresso positivo, della ricchezza e del benessere in aumento? Da una parte decrepiti (ma purtroppo vigenti) sistemi di governo e controllo deputati alla menzogna, allo sfruttamento, al revisionismo, all’oscurantismo e alla repressione. Dall’altra una costellazione in crescita, una galassia giovane e instabile di corpi in agglomerazione, di potenziali esplosivi, di vecchi e nuovi volti decisi a non starci più, che riscoprono la solidarietà, la forza del lavoro collettivo, e consegnano nuove vere speranze alla giusta volontà di cambiare questo mondo.
Le tesi, le ricerche, gli studi che migliaia di noi, studenti e studentesse, producono in forza di un meccanismo accademico, riguardano spesso proprio quella radiazione di fondo che vibra per tutto il globo e spinge molti e molte di noi ad approfondirla, a conoscerla e ad accelerarne la diffusione. Vogliamo iniziare a sottrarre ai baroni, ai professoroni, alle anime belle da Voltaire e salotto, il giudizio e la discussione, la detenzione, di tutti questi nostri sforzi e riflessioni. Da una storia collettiva nascono, e a quella appartengono.

Cosa sono, ci siamo chiesti, questi meccanismi meritocratici?

Questa rincorsa ai crediti, alle pubblicazioni, questa bagarre continua tra amici e colleghi? Sulla nostra pelle e sui giornali lo abbiamo subito scoperto: dispositivi selettivi che, in molteplici forme, strutturano l’organizzazione dei corsi di studi, articolano l’intenzione che li dispone sull’orizzonte della formazione di soggettività capitalista, di disciplinati lavoratori (spesso sotto-pagati) nella macchina generale dello sfruttamento delle energie e dei territori. Non possiamo permettere che le università diventino il pulpito del potere da dove, in continuo soliloquio, arbitra, giudica e decide. Chiamare i nostri lavori col nome proprio, considerarli per quello che sono, non solo un appuntamento istituzionale, ma elaborazione per una riflessione critica sullo stato di cose, quale che sia la disciplina, l’ambito, la sezione, l’origine dell’argomentazione, è un passo per sottrarre alle accademie il giudizio, l’utilizzo, la loro valorizzazione.
Il Premio Lorusso non vuole opporre alla “meritocrazia dei padroni” la “meritocrazia delle lotte”, crediamo però ci sia bisogno di chiamarci a raccolta, di aprire una discussione collettiva, senza allori e palandrane, smentirci e superarci, riconoscere il vero scopo dei nostri sforzi. Il tempo delle lezioni, il tempo delle sessioni, il tempo delle tasse, i semestri, la triennale: rompiamo questo orologio. Siano le lotte, i sussulti sociali che viviamo, sentiamo, osserviamo e produciamo a battere il ritmo dei nostri studi.

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