La carota arancione e il mistero delle liste sbagliate

Potrebbe essere una mossa “intelligente”: piuttosto che rassegnarsi alla necessità di ritrovare nelle lotte reali un’identità di sinistra, “sbagliare” nel momento della consegna delle liste. Così quell’approssimativo cinque per cento degli odierni sondaggi può essere congelato e venduto a Giachetti, a cui un pugno di voti potrebbe costare non la vittoria, ma l’automatica esclusione persino dal ballottaggio. Allo stesso modo, alzare le braccia e scuotere la testa di fronte all’“errore materiale”, correndo poi a ripararsi sotto l’ombrello del renzismo, non è forse la strategia migliore per quel pezzo di ceto politico deciso a difendere con le unghie, con i denti, e magari pure con qualche “distrazione” di troppo, il proprio ruolo di stampella “sinistra” del Partito Democratico e relative poltrone?
«Non c’erano altre scelte», potrà dire in futuro chi intende far ingoiare la carota arancione ai resti – cioè: ai resti dei resti dei resti – di un elettorato recalcitrante a portare acqua al mulino di un PD che, evidentemente, continua a stringere il bastone dalla parte del manico, per abbassarlo spesso e volentieri sulle teste di chi contesta a qualunque titolo le gesta del ducetto di Rignano.
Che poi, insomma, per fortuna che esiste il complottismo. Altrimenti bisognerebbe ammettere che in giro c’è una manica di persone che sbandiera a destra e a manca la propria convinzione di possedere le ricette giuste per temperare il capitalismo (non c’è mai riuscito nessuno semplicemente perché è impossibile), ma che poi non sa nemmeno mettere un po’ di nomi e di cognomi in colonna.
«È il riformismo bellezza».